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Corte d'Appello di Bologna > Competenza
Data: 29/03/2000
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: Non disponibile
Parti: Pietro M. / Cesari Costruzioni s.r.l.
RECLAMO AL COLLEGIO AVVERSO L'ORDINANZA RESA AI SENSI DELL'ART. 700 CPC DAL GIUDICE UNICO DEL LAVORO - INCOMPETENZA DELLA CORTE D'APPELLO


Il Tribunale di Bologna respingeva il ricorso d'urgenza proposto da una pubblica dipendente contro il Ministero suo datore di lavoro e questa proponeva reclamo ai sensi dell'art. 669 terdecies avanti alla Corte d'Appello di Bologna. Il Ministero si costituiva eccependo preliminarmente l'incompetenza della Corte d'Appello, in quanto il reclamo avrebbe dovuto essere proposto al Tribunale in composizione collegiale. La problematica trae origine dal fatto che l'art. 108 del D.Lgsl. 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), disponendo che il reclamo contro i provvedimenti del giudice singolo del tribunale si propone al collegio, nulla dice in ordine ai provvedimenti pronunciati dal giudice del lavoro. Secondo alcune pronunce (Trib. Catanzaro 30.9.1999 e 20.10.1999; Corte d'Appello Firenze 2.3.200, che peraltro ha successivamente mutato il proprio orientamento con ordinanza 20.6.2000) essendo la composizione collegiale del Tribunale in materia di lavoro ormai del tutto eccezionale e transitoria (secondo la previsione contenuta nell'art. 134 bis del Dlgs. N. 51/98 che ha attribuito a tale organo la competenza per gli appelli proposti solo fino al 31 dicembre 1999) spetterebbe alla Corte d'Appello anche la cognizione dei reclami avverso i provvedimenti cautelari. La Corte d'Appello di Bologna ha affrontato la questione con approfonditi richiami dottrinali ed alle fonti normative che hanno preceduto l'introduzione del giudice unico: in particolare ha evidenziato come la scelta legislativa in forza della quale i reclami avverso i provvedimenti cautelari resi dal pretore dovevano essere presentati al tribunale (art. 669 terdecies secondo comma, c.p.c., aggiunto dall'art. 74, comma secondo, legge n. 353/1990) trovasse giustificazione nel fatto che il pretore era un organo giudiziario autonomo e distinto rispetto al tribunale, operante soltanto in composizione monocratica. Con la soppressione dell'ufficio del pretore ed il trasferimento al tribunale in composizione monocratica delle relative funzioni (ivi comprese quelle per le controversie di lavoro e previdenziali) la Corte d'Appello di Bologna - che trae spunto da una recente decisone della Corte di Cassazione sull'inammissibilità del regolamento di competenza per determinare se una controversia deve essere conosciuta dal pretore come giudice del lavoro o dal tribunale secondo il rito ordinario: v. Cass. n. 13427/99) - ha ritenuto che "non sussista più (…) una competenza funzionale ed esclusiva del giudice del lavoro" e che "secondo l'attuale assetto normativo l'assoggettamento di una controversia allo speciale rito del lavoro o a quello ordinario rappresenti soltanto un affare relativo alla distribuzione dei procedimenti all'interno del medesimo ufficio senza rilevanza esterna". Del resto anche secondo la Corte Costituzionale "l'effettività del riesame può essere realizzata in virtù dei soli (…) criteri dell'alterità e della collegialità del giudice, e non necessariamente anche al rapporto di sovraordinazione tra i giudici" (Corte Cost. n. 421/1996). Alla luce di quanto sinteticamente esposto la Corte d'Appello di Bologna ha ritenuto che il tribunale deve considerarsi competente a giudicare, in composizione collegiale, anche nelle controversie di lavoro e previdenza, come del resto prescritto normativamente (senza che il legislatore abbia dettato alcuna diversa disciplina specifica) per tutti i reclami avverso i provvedimenti cautelari emessi dal giudice singolo del tribunale. Il reclamo proposto dalla lavoratrice veniva quindi dichiarato inammissibile, in quanto devoluto a giudice non competente, con compensazione di spese, stante la novità della questione trattata




Corte d'Appello di Bologna > Competenza
Data: 28/08/2000
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 89/00
Parti: Inail / Inps / Domenico D.
GIUDIZIO DI RIASSUNZIONE A SEGUITO DI PRONUNCIA DI RINVIO DA PARTE DELLA CORTE DI CASSAZIONE - INDIVIDUAZIONE DEL GIUDICE DI RINVIO - TRIBUNALE


A seguito di una sentenza della Corte di Cassazione del 1999 che rinviava al Tribunale di Forlì gli eredi di un agente di commercio riassumevano la Causa avanti alla Corte d'Appello di Bologna anziché davanti al giudice di rinvio designato, nella convinzione che si trattasse di una logica conseguenza della riforma della giurisdizione che ha soppresso le funzioni di giudice d'appello del Tribunale sulle sentenze del Pretore. La società non sollevava eccezioni di sorta, ma la Corte d'Appello riteneva di dover verificare d'ufficio - come è possibile trattandosi di una questione di competenza funzionale ratione materiae e, quindi, inderogabile - la propria competenza a decidere sul ricorso ex art. 392 cod. proc. civ. I giudici emiliani danno atto che dopo la riforma si sono formati due distinti orientamenti giurisprudenziali. Secondo il primo di questi, espresso dalla sentenza n. 1083/2000, il giudice di rinvio va individuato nella Corte d'Appello, identificata come "giudice di pari grado" (art. 383 cod. proc. civ.) rispetto al Tribunale prima della riforma, che aveva pronunciato la sentenza cassata su appello contro la sentenza pretorile. Secondo Cass. n. 2231/2000, invece, il giudice di rinvio deve essere individuato nel Tribunale. La Corte d'Appello di Bologna aderisce al secondo orientamento, in considerazione del fatto che ai sensi dell'art. 135 del D.Lgsl. n. 51/98 i procedimenti pendenti davanti al Tribunale alla data del 2 giugno 1999 sono definiti - se si tratta di giudizi in grado d'appello - dallo stesso Tribunale non già «sulla base delle disposizioni introdotte dal medesimo decreto» bensì «sulla base delle disposizioni anteriormente vigenti». Secondo la Corte «In mancanza di disposizioni che abbiano la funzione di accelerare il trasferimento della competenza d'Appello dal Tribunale alla Corte d'Appello, non può giustificarsi un'operazione esegetica che, in ipotesi di cassazione della sentenza del Tribunale, precluda la possibilità di rinviare ancora al Tribunale, quale giudice transitoriamente titolare di competenza d'Appello per tutti quei procedimenti che in ugual grado pendevano davanti a lui alla data di efficacia del D.Lgs. n. 51/98». Il Collegio bolognese trova un'ulteriore supporto della tesi accolta nel principio della perpetuatio iurisditionis dettato dall'art. 5 cod. proc. civ., norma «non applicabile all'ufficio del Pretore in ragione della soppressione dello stesso» ma che «può essere utilmente richiamata con riguardo al Tribunale, interessato non da una soppressione, bensì da una modificazione della sua competenza, quale è anche quella per gradi. Pertanto i relativi mutamenti legislativi restano inapplicabili nel giudizio introdotto davanti al giudice competente al momento della proposizione della domanda». Certo è che, a fronte di orientamenti giurisprudenziali diametralmente opposti in merito ad una questione pratica di basilare importanza processuale (scegliere la sede giudiziaria ove riassumere la causa) l'operatore giuridico si è trovato in grande difficoltà a dover decidere, al punto che in molti casi è apparso opportuno fare due riassunzioni. Per fortuna, già giunge voce di un intervento delle Sezioni Unite